VOLETE IMPARARE A SUONARE MEGLIO? SUONATE IL VOSTRO CORPO

Io credo che l’unità di mente e corpo sia una realtà oggettiva. Non si tratta solo di parti collegate in qualche modo tra di loro, ma di un tutto che è indivisibile durante il suo funzionamento. Un cervello senza corpo non potrebbe pensare.(Moshé Feldenkrais)

Bisogna prendere atto che Il corpo (inteso in tutte le sue funzioni, comprese le emozioni, l’immaginazione, il pensiero) è lo strumento che tutti i musicisti hanno in comune, ma è anche quello che suonano peggio. Mi piace pensare che, se tutti musicisti conoscessero il proprio corpo come conoscono il proprio strumento, saremmo delle diverse generazioni più evolute in termini di sviluppo musicale, perché, alla base di ogni performance artistica, c’è sempre il corpo. Oggi vorrei condividere con voi qualche mia semplice riflessione su questo argomento.

Tutti sappiamo che ogni attività corporea ha un proprio ritmo. Il respiro, i movimenti corporei, il battito cardiaco, la tensione muscolare, seguono particolari e propri processi ritmici. Ogni singola attività corporea può riassumersi in un movimento di tensione e detensione.

Se ci pensate bene, solo il semplice stare in piedi è un insieme di tensioni e di coordinazioni motorie.
Allo stesso modo, il processo di una esecuzione musicale si può descrivere semplicemente come una alternanza ritmica di tensione e detensione, di appoggio, sospensione, leggerezza e pesantezza.

Il corpo ha un’organizzazione posturale caratterizzata da punti di appoggio (come ad es. i piedi), punti che fanno da perno per il movimento (come potrebbe essere la colonna vertebrale), e punti di articolazione (come il braccio). Un movimento come il camminare si produce attraverso il passaggio da uno stato di equilibrio a quello di squilibrio e un successivo riequilibrio.

Se ci pensiamo bene, qualsiasi musicista quando suona esegue con il proprio corpo esattamente lo stesso procedimento : parte da alcuni punti di appoggio, attraversa momenti di squilibrio e giunge a dei nuovi punti di appoggio.

Queste variazioni di tensione vengono organizzate in gestualità musicali. La gestualità musicale coinvolge ovviamente tutto il corpo, anche se ciò non è sempre visibile ad occhio nudo e in essa si ritrovano i processi che lo rendono stabile e flessibile.
Maggiore sarà infatti la capacità di appoggiarsi e auto-appoggiarsi (ovvero fidarsi di sé) e di superare i momenti di squilibrio (paura e incertezza), maggiore sarà anche la sua capacità di produrre gesti spontanei e fluidi in grado di tradurre la sua corporeità in spazio sonoro. Semplice a dirsi, ma in pratica come si fa?

Il mio compito è proprio quello, utilizzando il coaching e l’applicazione dei modelli “Resonance”, di rendere consapevole il musicista della propria corporeità, facendolo passare da una posizione definita “inibitoria” (in cui una persona è in uno stato di squilibrio, all’interno del quale l’apprendimento è limitato) ad una posizione “generativa” di appoggio (nella quale,il suo corpo, fidandosi di sé, è rilassato e predisposto a generare performance).

Passare da una posizione di tipo “inibitorio” (in cui si porta l’attenzione sui problemi e sull’incertezza) ad una posizione di tipo generativo (in cui non si percepiscono più i problemi perché si è sicuri di se stessi), è una delle esperienze più importanti che un musicista possa fare, al fine di raggiungere una piena consapevolezza di se stesso ed un miglioramento strumentale notevole.

Concludo con una personale riflessione:
Certamente non si può pretendere che un’insegnante di strumento all’interno di un Conservatorio debba possedere una cultura di tipo “multipotenziale”, padroneggiando oltre agli aspetti musicali anche altre materie come la pedagogia, la psicologia, il coaching, l’anatomia, la fisiologia, l’ergonomia, la meccanica con conoscenze di infortunistica ecc.

Al giorno d’oggi, aspettarsi che un qualsiasi giovane musicista, possa dare il meglio di sé senza che nessuno si prenda cura anche di questi suoi importanti aspetti, rimane per me ancora un mistero.

Alla prossima. Ciao da Maurizio Camarda
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