Mentre sto preparando il prossimo articolo sul bagarinaggio istituzionale dei Teatri, condivido un bell’articolo di Andrea Porcheddu…….sentite un pò:

Anche se a Nordest meno che altrove, i tagli stanno mettendo a dura prova l’esistenza dello spettacolo dal vivo. In generale migliora la gestione, ma i mali arrivano da lontano e il rinnovo è sempre molto lento.
Il ministro Massimo Bray era, venerdì scorso, al concerto di apertura del Mittelfest di Cividale. È una buona notizia: innanzi tutto per lui, perché ha assistito all’esibizione della brava attrice e cantante Nadia Fabrizio, francese ma friulana d’origine. E poi per noi, perché è un nuovo segnale – già ne ha dati in questi mesi – di una presenza attiva (verrebbe da dire “solidale”) del ministro nel settore spettacolo. In effetti, qui nel Nordest, Bray può stare quasi sereno: non ci sono strutture teatrali a rischio chiusura, almeno per il momento. Ma non tutto va bene, e anzi, dietro l’apparente tranquillità, si notano tensioni e imminenti cedimenti. A partire dal fatto che in due Stabili ci sono direttori che hanno felicemente raggiunto, da tempo, l’età della pensione: a Trieste Calenda, classe ’39, direttore dal 1995; a Bolzano, Marco Bernardi, è direttore dal 1980. Artisti raffinati, per carità, ma forse dopo mandati pluridecennali si potrebbe anche valutare la “folle” ipotesi di un cambio.

Allo Stabile del Veneto, diretto da Alessandro Gassmann, non si parla più della prematura guerra di successione, in una polemica che aveva infiammato la laguna nei mesi scorsi, così il direttore ha potuto presentare la nuova stagione con produzioni coraggiose e bei cartelloni.
Le altre strutture regionali venete (La Piccionaia di Vicenza, Fondazione Aida di Verona, il circuito Arteven) resistono, nonostante tutto.
A questi si affianca un diffuso creativo notevole: ai giovanissimi gruppi che si sono affermati negli anni Duemila, come Babilonia Teatri o Anagoor, si stanno già affiancando altri nuovi arrivati. Con loro, poi, ci sono formazioni storiche saldamente attive, come il Tam di Padova, il Tib di Belluno e molti artisti “solisti” di rilievo, o festival d’eccellenza come Bassano Opera Estate.

Le Fondazioni liriche fanno la loro parte. La Fenice dopo una buona “Madama Butterfly” ha portato 1200 ricconi a San Marco per un “Otello” a Palazzo Ducale, dando una boccata d’ossigeno a un bilancio che sembra comunque positivo. L’Arena, dopo qualche scricchiolio nelle passate stagioni, ha imbroccato la strada degli eventoni, da Paul McCartney a Ligabue, con un giro di pubblico da far invidia a Gardaland.
Forse più in affanno la situazione Friulana, colpita aspramente da tagli: ma resiste con cuor di leone il Css di Udine, o lo stesso Mittelfest e cresce la scuola “Nico Pepe” che sforna bei talenti. Dello Stabile triestino si è detto: si attende un segnale di rinnovamento. Al Verdi, intanto, il sovrintendente Claudio Orazi, che ha chiuso il bilancio 2012 in utile (appena 15mila euro, ma con segno più) ha dichiarato nei primi giorni di luglio che la mancanza di liquidità, dovuta ai ritardi sui finanziamenti statali, sta mettendo a rischio gli stipendi degli ultimi mesi e alcuni spettacoli già annunciati: «Non prendo impegni senza certezze» ha gridato Orazi alla stampa. Si spera, allora, nella notizia secondo cui il governo sta pensando a un fondo a tassi agevolati per tamponare le emergenze nella lirica, per salvare dal tracollo le Fondazioni liriche, in primo luogo quelle più in difficoltà, dal Maggio Musicale di Firenze al Carlo Felice di Genova e il Lirico di Cagliari.

Decisamente più serena, grazie allo statuto speciale e al rigore “teutonico”, la situazione in Trentino Alto Adige. Trento, in fatto di teatro, ha svelato, recentemente una grande vivacità: in spazi piccoli e marginali emergono compagnie interessanti, a partire da Macelleria Ettore. Mentre uno storico, vivacissimo spazio come Centrale Fies, a Dro, è sempre più fucina di talenti nazionali e internazionali. E se lo Stabile “italiano” proclama 100mila spettatori nella stagione 2012/2013, quello di lingua tedesca procede in grandi rapporti con Austria e Germania.
Insomma, nel NordEst  sembra che quelle specialissime PMI che sono i teatri siano davvero ben amministrati: manca il sostegno dallo Stato o si fa più debole quello degli Enti locali, ma si resiste.

Complicato il discorso per il resto del Paese. Grandi crisi, anche per gestioni quanto meno faraoniche, in numerose Fondazioni Liriche: dal Carlo Felice di Genova, passando per il cratere del Maggio Fiorentino, per arrivare al Massimo di Palermo e al Bellini di Catania, l’opera italiana boccheggia. Ed è curioso notare come, passato un qualsiasi confine (non c’è bisogno di arrivare in Germania) ci si imbatta in teatri d’opera che lavorano tutti i giorni e producono profitti. Si dirà che altrove i finanziamenti pubblici sono molto più alti: vero, ma la situazione italiana non è arrivata a questo (infimo) stato solo per l’ottusità economico-politica. Lo aveva già raccontato, benissimo, Federico Fellini in “Prova d’Orchestra”, nel ’78: dopo 35 anni, nessuno ha cambiato la situazione, con buona pace dei Sindacati.

Se l’Opera piange, la Prosa non ride. Qualche giorno fa, Sergio Escobar, direttore del Piccolo di Milano, ovvero il salotto dei salotti teatrali, ha lanciato il suo grido di dolore: «ci trattano come un ufficio postale e se il governo non interviene c’è rischio chiusura». Il problema è che la micidiale spendig review non ha tenuto conto che un teatro è un teatro, e l’ha catalogato come un qualsiasi ente pubblico. E dunque «lo equipara alle pubbliche amministrazioni impedendo pubblicità, mostre, ma anche sponsorizzazioni o attività di formazione». Bel guaio. È vero: per troppo tempo gli artisti entravano in quegli stipendifici sballando il bilancio con opere costose e inutili. Ma da tempo il clima sembra cambiato, e i teatranti sono sempre più oculati amministratori, capaci di allestire mirabolanti nozze coi proverbiali fichi secchi. Prova ne è la stagione dei festival, che si è aperta nonostante nessuno abbia più un soldo. Di fatto, però, si rischia la chiusura: al Biondo di Palermo è stato di crisi, con il direttore – l’84enne Carriglio – che ha annunciato le dimissioni dopo oltre 25 anni. A Catania gli impiegati si sono incatenati per proteggere il loro teatro. Ad Ancona lo Stabile delle Marche è commissariato; al Mercadante di Napoli sono in arretrato con i finanziamenti (e dunque i pagamenti) da anni, mentre lo storico Sancarluccio rischia di non riaprire. A Bologna l’Arena del Sole ha un destino incerto, e chiede agli artisti di lavorare gratis. Sono solo esempi, i più eclatanti, di un disagio diffuso. Bray, dopo il concerto al Mittelfest, potrebbe fermarsi a parlare con gli operatori per scoprire che andare in scena non è sempre un piacere.

Buona serata a tutti!!!!

maurizio camarda Maurizio Camarda

(Nella foto una scena dell’Otello del Teatro La Fenice in scena a Palazzo Ducale, Venezia ©Michele Crosera)

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